LA TRAGEDIA DIMENTICATA
-BALVANO 3 MARZO 1944-
Era il 3 marzo del 1944. All’interno della Galleria delle Armi, nel territorio del comune di Balvano, in provincia di Potenza, più di seicento persone morivano a bordo del treno 8017, Napoli – Potenza. Non furono fucilati o bombardati, persero la vita inermi e integri, senza poter lottare per la loro sopravvivenza, asfissiati dalle esalazioni nocive prodotte dal carbone, che trasformò la galleria in
una camera a gas. Sebbene la guerra fosse lo sfondo di questo scenario di morte, nulla aveva a che fare direttamente con eventi bellici. Come in ogni tragedia, l’elemento che più di tutti è apparso protagonista spaventoso è stato il destino, che ha voluto che il treno si fermasse sotto una galleria a causa di un cattivo funzionamento dei motori provocato, probabilmente, da una pessima qualità del carbone.
La stragrande maggioranza delle vittime non ebbe un funerale, né una tomba. I loro corpi, accatastati senza rispetto e pudore, come in un campo di concentramento, furono gettati in fosse comuni scavate in un terreno fuori dal cimitero; moltissime vittime non furono nemmeno identificate.
Una testimone oculare di quei momenti del marzo 1944 descrive la scena con un’espressione cruda ma essenziale
<<Venivano buttati, uno sull’altro, come erba tagliata>>.
Una tragedia di questo tipo dovrebbe rimanere impressa nella memoria di un paese, invece è ignota, dalle cause ancora da stabilire, dai colpevoli ancora da individuare. Tutta la vicenda è insabbiata da segreti di stato, censura militare e, inoltre, macchiata dall’infamante accusa che su quel treno viaggiassero persone dedite al contrabbando e al “mercato nero”.
L’unico colpevole resta il fato, che è stato ancora più crudele per i familiari delle vittime rimasti all’oscuro dell’evento per mesi, straziati dal dolore e segnati per tutta la vita nel ricordo della scomparsa dei propri cari, nonché risarciti da un’irrisoria indennità erogata dallo Stato desideroso solo di tener nascosta una vicenda che avrebbe potuto alterare degli equilibri politici.
Tra le vittime di questa immane catastrofe molte sono abitanti della Costiera Amalfitana: provenienti da Agerola, Tramonti, Cava dei Tirreni, Vietri sul Mare, Minori e Maiori.
Proprio in questo intreccio di fatali destini s’inserisce la triste storia dei miei bisnonni: Natale Monti e Barone Raffaela.
Attraverso il racconto dettagliato e minuzioso di mia nonna Maria Monti posso oggi rinnovare il ricordo di questa tragedia che, purtroppo, è stata cancellata dalla memoria collettiva.
<<Il mio bisnonno era un maestro carpentiere. Costruiva barche in un cantiere di propria gestione, dove lavoravano alcuni operai, a Cariati Marina in provincia di Cosenza, pur essendo la famiglia originaria di Maiori.
Purtroppo nel 1943 dovette chiudere il cantiere, perché non aveva più né materiali né operai, e trasferirsi, senza la famiglia, avendo trovato un posto nel cantiere navale “Soriente” di Salerno, nel quale aveva già lavorato da giovane.
Fittò una casa a Pastena, vicino Salerno, ma, quando il 21 giugno del ’43, il capoluogo fu bombardato per la prima volta, fece subito ritorno a Cariati per assicurare la famiglia che stava bene.
A Cariati, però, ben presto incominciarono a diffondersi le voci che gli Alleati sarebbero sbarcati là, come già si diceva che era avvenuto in Sicilia. Il Podestà di Cariati ordinò che chi era in grado di andare via dal paese a spese proprie e, avevadove andare, poteva farlo.
Decisero di tornare a Maiori. L’11 luglio partirono da Cariati e tornaronoa Maiori, dove, purtroppo, avvenne lo sbarco l’8 settembre.
In famiglia erano quattro figli. Il più grande faceva il militare a Taranto ed era stato imbarcato sull’incrociatore Bolzano che il 13 agosto ‘42 era stato silurato nelle acque della Sicilia.
Dopo una breve licenza era ritornato alle armi e poiché, da allora, non avevano più ricevuto sue notizie, i miei bisnonni decisero di andare a Taranto per sapere se si trovasse in servizio lì o fosse stato di nuovo imbarcato.
Il mio bisnonno prese una settimana di permesso dal lavoro per fare questo viaggio. Decise di partire il giorno 2 marzo. Il 1° marzo comprò dei biglietti ferroviari in un vicolo di Salerno, in un ufficio che le Ferrovie avevano messo a disposizione, perché nella stazione c’era troppa confusione.
Infatti, il giorno della partenza riuscì a salire sul treno, ma la mia bisnonna non ce la fece, perché doveva farlo attraverso il finestrino. Così scese anche lui. Nella stazione incontrò due amici, operai del cantiere in cui lavorava, che gli consigliarono di prendere uno dei camion che facevano servizio per Battipaglia, dove avrebbero potuto salire su un treno merci che arrivava fino a Taranto. E così fecero.
Questo, purtroppo, si è saputo a distanza di tempo, facendo delle personali ricerche.
Passò un mese e nessuno dava notizie di loro. Si venne a sapere dai Carabinieri di Balvano che il mio bisnonno, che si chiamava Natale Monti era morto in quel disastro, mentre la mia bisnonna , Raffaela Barone, era nei dispersi>>.
Lascio immaginare la disperazione e l’immenso dolore che colpì la famiglia di mia nonna stroncata, in un attimo, dei suoi genitori. Rimasti orfani, come sfollati rimasero a Maiori senza più casa, affetti e sostentamento per poter andare avanti.
Alla tragedia e al dolore si aggiunse poi il silenzio delle “nuove” Istituzioni Repubblicane.
L’obiettivo, al quale ha dato un valido contributo l’avvocato Gianluca Barneschi con l’edizione del libro “Balvano 1944 – I segreti di un disastro ferroviario ignorato – MURSIA editore 2005”, resta quello di onorare il sacrificio di queste 600 vittime restituendo l’evento alla dignità della storia affinché i protagonisti non restino doppiamente beffati: dalla morte e dall’oblio degli uomini.
In occasione del 60° anniversario della sciagura alcuni parenti delle vittime e storici si sono attivati per la realizzazione di due siti web che riportano notizie, documenti e iniziative varie con lo scopo di raccogliere consensi ed adesioni al fine di diffondere la conoscenza storica.
Link utili:
http://www.antiarte.it/trenodiluce/index.htm
http://treno8017.trenidicarta.it/
Marco Scannapieco
(pubblicato sul n° 8 di Agorà maggio 2006)